Gli Arabrot nella loro ormai quindicennale carriera hanno raccolto numerosi consensi, soprattutto critici. Tra recensioni sempre positive e, addirittura, preziosi premi vinti grazie alla qualità dei loro album sembrano un culto intoccabile. Partiti come band noise-sludge hanno via via intellettualizzato il loro approccio alla musica diventando negli ultimi lavori la creatura delirante della coppia (anche nella vita) Kjetil Nernes / Karin Park.
Questo nuovo bilanciamento ha portato la band a rielaborare il proprio sound che in questo "Norwegian Gothic" prende strade abbastanza inedite.
L'approccio è quello di una band innamorata di Nick Cave e Swans ma anche dell'alternative anni 90 (Nirvana, Mudhoney, Melvins) e fin qui niente di nuovo. Quello che cambia è la produzione e l'approccio quasi "pop" alla canzone. Ritornelloni epici e corali, strofe sofferte e un voce perennemente in primo piano. Posso dire che è, per le mie orecchie, un difetto enorme in un disco che musicalmente ha anche dei momenti notevoli? A prescindere dalla non imperdibile voce di Kjetil (molto, molto, molto meglio quando la protagonista è Karin) è proprio quell'eccessiva enfasi nella parte vocale che mette in secondo piano suoni potenti ed apocalittici. Avete presente quando qualcuno si fa una selfie in un posto splendido e ti viene voglia di dirgli "ma spostati e fammi vedere il paesaggio?" Ecco, questo è l'effetto che mi fa Kjetil in questo disco.
E' una scelta essenzialmente di gusto, e il mio gusto non ha gradito. Peccato perchè all'interno troviamo dei contributi, anche molto validi, di Massimo Pupillo (Zu), Tomas Järmyr (Motorpsycho), Lars Horntvethil (Jaga Jazzist) e Jo Quail.
[Dale P.]
Canzoni significative: Hailstones For Rain, Hallucinational.
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