Il trio di Manchester rientra nella cerchia di band totalmente ignorabili. Partendo con ordine, chiunque potrebbe ignorare gli Oceansize a favore dei Porcupine Tree, i Manes a favore dei Nine Inch Nails, i Miocene a favore dei Tool. E altro.
C'e' chi catalizza attenzione, c'e' chi per ovvi motivi rimane l'ombra.
Il problema degli Amplifier e' che sono opzionali o fondamentali, senza sfumature o piedi in piu' scarpe. Il loro "concetto canzone" e' lo stesso discorso. Non esiste LA canzone degli Amplifier, non esiste una "Black Hole Sun" o una "Prison Sex".
Se quindi vogliamo parlare dal concept di questo disco, un polpo rende bene l'idea: scivola, non ha forma.
O ce l'hai tutto in mano o non ne tieni neppure un pezzetto .
Gli Amplifier non si acchiappano per la coda e ti trascinano in perepezie "mastodontiche". Non "fanno tutto loro".
E' quindi difficile, ed impossibile, parlare del lavoro che e' l'apice e la rappresentazione massima della loro natura sfuggente, irrilevante, fondamentale e perfetta.
Arrivare ad amarli e' gia' complicato... e perche' mai ascoltarli? Sembrano un rigurgito di Soundgarden, Tool, Porcupine Tree, Oceansize.
Se c'e' una cosa che nella mia storia personale mi affascina e' che gli Amplifier mi hanno fatto lo stesso effetto che alcune band di Seattle mi fecero quando avevo 14 anni: continuavo ad ascoltarli senza capire il perche', senza capire per quale ragione mi piacessero, senza capire SE mi piacessero e senza inquadrare il genere e il leit motif delle canzoni.
E per la seconda volta The Octopus assorbe e dimostra questo valore.
Con questo disco avrete in mano quasi due ore di rock "alternativo", psichedelico, viscerale, sognante, tecnico, privo di trovate volutamente catchy, con una Rose Kemp nascosta nelle pieghe di questo gargantuano Polpo bidisco [The Sick Rose].
Infine, la terza volta che The Octopus definisce la band e' il tempo necessario a metabolizzare questo lavoro. Di "roba" io ne ho sentita tanta e gli Amplifier mi hanno sempre lasciato l'idea di avere capito tutto tranne un pezzetto. Allora li riascolti. Cosi' passano i mesi, persino anni. Si ha un continuo senso di incompletezza.
E' come se ogni loro disco, ep e canzone fossero dei puzzle volutamente imperfetti e l'intento della band e' incastrarti in un loop infinito.
E di fronte a queste tre caratteristiche degli Amplifier, che definirei "opzionalita'-meraviglia-inesauribilita'", a me viene da gridare al miracolo. Mi sento libero di sceglierli nella loro "non fondamentalita'", mi sento libero di essere meravigliato come un ragazzino e mi sento affascinato dal non comprendere mai a fondo la loro musica.
Perche' non e' tanto la musica "bella", la band "mostruosa", l'innovazione "rivoluzionaria" che manca nel panorama di oggi. Perche' gli obiettivi facili da individuare che qualsiasi gruppo si prefissa, e i tentativi per raggiungerli, annoiano.
Perche' le band che inseguono il capolavoro e la rivoluzione hanno scassato le balle.
Perche' la musica migliore e' uscita fuori lontano dagli schemi e dagli obiettivi.
[ThrasherXXX]
Canzoni significative: Planet of insects, The Imperor, Fall of the Empire
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