In stato di grazia creativa, Alexander Tucker torna sulla scena del crimine a un anno dal sorprendente "Dorwytch". Siamo ormai abituati alle sue nenie stranianti, alle atmosfere arcane e un po' sinistre, ma ci sorprende ancora una volta l'agilita' con cui si destreggia in un inafferrabile folk di frontiera.
Abbandonati gli sparuti sostegni ritmici introdotti in "Dorwytch", tra le maglie di "Third Mouth" guadagnano ancor piu' spazio tessiture elettroniche ("Rh") a supporto dei peculiari arpeggi in loop che si arrampicano e intrecciano in una sontuosa cesta sonora.
Raggiunta la maturita' artistica, Tucker imprime ai suoi nuovi acquerelli melodie affascinanti e persino memorizzabili con una certa facilita', un pregio che solo pochi musicisti possono vantare E va precisato che questa e' materia tutt'altro che accessibile a tutti.
I palati raffinati saranno privi di difese di fronte all'incanto dondolante di una "A Dried Seahorse", al fiammeggiante tramonto di "The Glass Axe", alla polifonia ancestrale di "Andromeon", all'uggiosa rievocazione dello spirito di John Martyn nella title-track.
Arricchite dall'ausilio di una voce femminile (Frances Morgan) che ben si combina col timbro androgino del buon Alexander ("Mullioned View") e da archi decadenti, i nove sigilli di "Third Mouth" descrivono un universo cerebrale dove l'occhio interiore si schiude per scrutare tra i filamenti dell'anima, tra le fobie e le meraviglie che la popolano.
[Marco Giarratana]
Canzoni significative: A Dried Seahorse, The Glass Axe, Mullioned View, Andromeon.
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