Gli Agalloch sono sempre stati una band che si e' sforzata di cercare una strada personale attraverso un metal malinconico ed oscuro, figlio gentile di quella corrente paganblack ammorbidita da passaggi acustici ed atmosferici propri del folk nordico.
Dopo il passaggio su Profound Lore, le aspettative per una band che da sempre si era distinta innalzandosi ben al di sopra della media del genere erano davvero alte. Vuoi per i quattro anni passati da quel piccolo capolavoro che fu "Ashes against the grain", vuoi per lo stato di forma della Profound Lore stessa: un'etichetta che negli ultimi anni ha sfornato in successione realta' davvero entusiasmanti e uniche, tra le quali gli stessi Ludrica, band madre del qui presente batterista Aesop Dekker, chiamato per questo lavoro a sostituire il defezionario Chris Green.
Dopo un intro si' suggestivo, ma fin troppo lungo, tutto comincia nel migliore dei modi, con una brano davvero entusiasmante come "Into the painted grey", perfettamente bilanciato tra impeto black e melodie grigie e malinconiche, colorate da quella sensibilita' vicina a certo postrock che gia' era stata magistralmente messa in campo nel precedente full length.
Il successivo "The watcher's monolith" rimane sugli stessi binari anche se colpisce con meno forza, forse a causa di una struttura che non fila via liscia come prima, complice anche qualche assolo di troppo e qualche passaggio che mi ha colpito per dei richiami quasi vicini ad uno swedish death piu' consono ai primi Dark Tranquillity che alla band di Portland.
Il brano che sicuramente fara' piu' discutere, e credo in positivo, e' pero' "Black lake Nidstang". Caratterizzato da un incidere lento ed in continuo crescendo, e' un pezzo di una malinconia e suggestione davvero unici, impreziosito sul finale da un substrato drone/psichedelico mai cosi' messo in evidenza dalla band prima d'ora. Davvero memorabile! Dopo un pezzo del genere e' lecito aspettarsi che il disco si incammini definitivamente in un sentiero avvolto nella nebbia. Ma "Ghost of the midwinter fires" sorprende per un umore quasi solare che pero', passatemi l'antitesi, non brilla certo. Le soluzioni proposte, pur gradevoli, sembrano rincorresi in modo sfocato, quasi fosse un esercizio di ordinaria amministrazione per una band dalla quale ci si aspetta davvero di piu'.
La chiusura infine, affidata ad un brano (To Drown) che sembra quasi un estratto dall' EP "The white", e' sicuramente carica di suggestione ma lascia definitivamente spaesati e ci consegna un disco indubbiamente unico e particolarissimo, ma forse troppo giocato su una contrapposizione di vuoti e pieni che alla fine lo fa risultare un po' come un lavoro "slegato". La classe di una band come gli Agalloch e' indiscutibile, e "Marrow of the spirits" rimane un album più che buono; Ma non possiede quella maturita' e coesione che mi aspettavo da un disco che poteva essere la definitiva consacrazione della band statunitense.
[Cristiano Perin]
Canzoni significative: Into the painted grey, Black lake Nidstang
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