Prima i Grails, ora gli *shels, arriva nuova linfa per il post-rock. Lontane dal mestiere e dalle pose plastiche degli emuli dei soliti noti, entrambe le band offrono una piccola via di fuga a un linguaggio sonoro prigioniero della sua grammatica.
Gli *shels partono dal convincente prog-rock di "Sea Of A Dying Dhow" di quattro anni fa, un prog dalle strutture semplici e privo di ritmiche cervellotiche, in cui a progredire sono gli umori e le sensazioni. Convergono nel flusso le dilatazioni ambientali del dream pop, un che di etereo e sfuggente che e' volato via dal nido dei Cocteau Twins e alcune eco folk li' dove la chitarra acustica emerge nei numerosi break.
"Plains Of The Purple Buffalo" e' avvolgente e a renderlo unico e' la cura che il gruppo anglo-americano ripone negli arrangiamenti, sontuosi ma mai ampollosi, in cui volteggiano gli intrecci armonici descritti dai cori, neanche fossero una sezione d'archi, e le brevi incursioni di fiati che allargano la tavolozza cromatica.
La voce e' timida e fragile, spesso sussurrata ed e' sparsa in piccoli lembi qua e la', lasciando parecchio spazio alle evoluzioni strumentali. L'ambiente sonoro, definito con pochi ma vivi colori, e' racchiuso in un guscio di vetro che galleggia al ritmo di maree oniriche.
C'e' il sapore aspro della malinconia nella title-track e nella bellissima "Journey To The Plains", in cui le aperture maestose si affacciano su lande morriconiane percorse da brezze shoegaze, che soffiano possenti anche in "The Spirit Horse". "Butterflies On Luci's Way" riempie il cuore col suo tenue slow-emo-core, "Conqueror" e' una luna remota che orbita attorno al pianeta Sigur Ros.
Sono quasi ottanta minuti di spoglia magnificienza, come un sogno che lentamente si dissolve in intense scie luminose.
[Marco Giarratana]
Canzoni significative: Journey To The Plains, Conqueror, The Spirit Horse, Butterflies On Luci's Way.
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