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Indipendent Days FestivalBologna02/09/2007Finalmente, anche noi poveri pastasciuttari possiamo godere di un festival ad alti livelli. In realtà se gli organizzatori di eventi fossero un minimo competenti e non si facessero abbindolare dai "pacchetti tutto compreso" del tante band al kilo, anche noi potremmo godere di giornate musicali realmente edificanti. Sarebbe stato bello parlarvi di una giornata in cui sul palco si avvincendavano Melvins, Isis, Mastodon o anche cose più semplici e meno costose come Cult Of Luna, Jesu, Sunn O))) prima di godere delle performance di Tool e Nine Inch Nails. Invece ci tocca saltare a piè pari lo sterco che fino alle 20 ha ammorbato i nostri testicoli con vocine sconclusionate e tastierini da gaypride. Quindi trattiamo il festival come un "normale" concerto con protagonisti due pesi massimi della musica mondiale degli ultimi quindici anni.
E' la terza volta in pochi mesi che i Tool scendono nel suolo italico. Dopo le due maiuscole ma imperfette performace dell'immediata tournèe post-pubblicazione di 10000Days la band è ora decisamente rodata e meno insicura. La scaletta prevede brani nuovi ormai entrati di prepotenza tra i classici (Jambi, Rosetta Stoned, Vicarious), riproposizioni aggiornate di canzoni ormai immortali (Schism, 46&2, Stinkfist) e ripescaggi per affezionati della prima ora (Flood). Ma ovviamente la band ci mette di più: l'incredibile scenografia che fa impallidire qualunque band pomp/rock ma soprattutto l'esecuzione pressochè perfetta di tutta la scaletta, arricchita qua e là da variazioni e divagazioni (anche se Flood è stata notevolmente troncata).. Una nota di merito a Maynard che messo da parte maschere antigas e ridicoli effetti molesti dimostra al pubblico di essere veramente uno dei migliori cantanti della nostra generazione. Se dovessi riassumerli con una parola direi "perfetti".
Ero quindi titubante per la successiva performance dei Nine Inch Nails, dettato anche dal pensiero che la scaletta sarebbe stata incentrata sui nuovi lavori decisamente più scarsi rispetto ai classici che la band ha confezionato per tutti gli anni 90. E invece.. E' impossibile fare un paragone con i Tool. Se la band di Adam Jones è un delirio mentale, ipnotico e cervellotico la band di Trent Reznor ti prende nelle gambe e nel basso ventre scatenando pulsioni di morbosità sessuale. Grazie soprattutto ai ripescaggi di canzoni immense come "March Of The Pigs", "Closer", "Gave Up" o la cover dei Joy Division di "Dead Souls" che ci ricordano la grandezza della band. Anche i Nine Inch Nails non rinunciano all'aspetto visuale, decisamente meno pomposo rispetto a quello visto sul palco dei Tool ma perfettamente integrato con l'atmosfera evocata nel set. C'è però una canzone che dona un senso maggiore alla serata, che annulla tutta la musica ascoltata fino a qui: il gran finale con "Hurt" è certamente uno dei punti più alti che è possibile vivere ad un concerto.
Inutile decretare un vincitore, così anche come provare a pensarlo dopo aver visto entrambe le performance, capaci di toccare parti diverse del nostro io facendoci ritornare a casa notevolmente "cambiati".
[Dale P.]
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Recensioni dei protagonisti del concerto:
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