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Velvet ClubRimini11/05/2006
Per chi scrive, i MOTORPSYCHO sono i salvatori del Rock. Un vero e proprio oggetto di culto che agisce nel silenzio più tombale e nell' ombra più misantropica. Sganciati dagli interessi del Botteghino, dalle pressioni dei fans e dalle andropause dei discografici, i MOTORPSYCHO godono di un’incredibile autonomia artistica (che va a braccetto con un’ inesauribile vena creativa). Hanno apposto la loro firma su una trentina di pubblicazioni (tra LP, EP, split, singoli ecc.) in meno di 20 anni (!). Tuttavia ciò che stupisce di più non è la quantità, bensì la qualità di un catalogo così articolato e tanto eclettico quanto suggestivo.
Come spesso accade con le band che per sfortuna (o per demerito o per comodità) non stanno sotto i riflettori, i fans sono più attaccati e più oltranzisti. L’accoglienza che il pubblico del Velvet ha riservato al trio norvegese è stata straripante. L’adrenalina degli spettatori è aumentata di pezzo in pezzo, grazie all’ azzeccata scaletta e all’ impeccabile esecuzione. Insomma, più che stare ad un concerto sembrava di prendere parte ad un rito totemico.
Dopo un incipit avvolto da suoni lontani e circolari, i tre (insieme ad uno xilofonista dall’odorato fino) iniziano a fare sul serio, con un’ intensa raffica di pezzi che odorano ancora di nuovo. Mi sto riferendo evidentemente ai brani dell’ ultimo (splendido) disco della band “Black Hole/Blank Canvas”, arrivato sugli scaffali appena due mesi fa.
I primi colpi di questa mitragliata sono le potenti “Sail On”, “Triggerman” e “No Evil” che ,con quel groove molto stoner e sporco, hanno fatto tremare le natiche degli intervenuti. Gli strumentisti sono stati eccellenti. Snah ha confezionato riff vibranti e, con un gusto molto fine, mischiato ad un’indiscutibile padronanza dello strumento, ha partorito assoli puntuali e coinvolgenti. Il tutto è stato reso ancor più avvincente dalla qualità dei suoni. Discorso analogo anche per Bent Saether, grandissimo bassista dall’ attitudine chitarristica, che ha tirato fuori da quel Fender corposo e fuzzy, degli ottimi giri. Essendo anche il cantante principale, bisogna spezzare un’ulteriore lancia a suo favore vista l’abilità dimostrata nel gestire entrambe le cose. Spesso ha coordinato con disinvoltura parti di basso e linee vocali apparentemente inconciliabili. Infine da segnalare l’ inappuntabile prestazione di Jacco Van Rooij (il batterista subentrato a Håkon Gebhart), potente al punto giusto e molto bravo nelle digressioni strumentali psichedeliche.
Se i suoni più duri miravano a conturbare il corpo di chi ascoltava, queste ultime avevano lo scopo di sensibilizzare la mente dello spettatore, facendolo aderire in toto al concerto. Una vero e proprio tuffo di testa nella musica della band. Anche in questo caso, sotto il profilo prettamente musicale, la formazione è stata impeccabile ed emotivamente trascinante. Più volte le atmosfere dipinte dai norvegesi ricordavano gli echi, le pulsioni e le ansie dei migliori Grateful Dead. Una caleidoscopica masturbazione mistica.
Probabilmente l’apice dell’entusiasmo dei presenti è stato raggiunto quando Snah ha intonato le note di “Hey Jane”. Gli spettatori hanno improvvisato un coro a squarciagola per lo splendido ritornello di quello che è indiscutibilmente il brano più celebre di “Trust Us”.
Medesime accoglienze anche per due estratti del capolavoro “Timothy’s Monster”: “Kill Some Day” e “Feel”. Durante la prima il sottoscritto è andato letteralmente in Estasi. Un pezzo freddo e tagliente che ha colto nettamente di sorpresa i più. Era infatti da molto tempo che non veniva eseguito live. Per quanto concerne la seconda, i 4 hanno ricreato puntigliosamente le atmosfere oniriche del disco e i fans hanno ricalcato ogni singola parola. Belle emozioni.
Come del resto c’era d’aspettarsi, anche l’itinerario sonoro della serata è stato caratterizzato da curve brusche e virate a 180 gradi. Si è spaziato dalla Psichedelia al Post Rock; dallo Stoner all’ Indie Rock (quello vero); dal Pop (quello per affabili lunatici) allo Space Rock; dal Lo-Fi al Rock più duro e ad altre sonorità inetichettabili. Un vero e proprio pot-pourri musicale preparato diligentemente con ingredienti originali e pregiati.
I maggiori dischi sono stati ripresi. Oltre ai due di cui sopra, ricordo anche “Demon Box” (con “Plan #1”), “Angels and Daemons at play” (con “Walking on the water”) e infine il più recente “It’s a love cult” (con “Neverland”). Ovviamente l’album da cui il gruppo ha attinto di più è stato il doppio “Black Hole/Blank Canvas” fresco di stampa, riproposto per 8/17. Un LP che ha fatto prendere una vitale boccata d’aria montanara al Rock, nel bel mezzo dell’invasione batterica revivalistica Indie/Wave.
Si parlava sopra della calorosità del pubblico. Ebbene, a mio avviso i MOTORPSYCHO se la ricorderanno per sempre questa data, visto che i presenti li hanno obbligati a ritornare fuori per ben 2 volte! In totale, quasi 2 ore e 30 minuti di musica emozionante !
In conclusione, una serata indimenticabile in cui qualsiasi cosa era al punto giusto: il clima ventilato della Romagna Felliniana, il San Giovese e i crescioni trangugiati prima di assistere allo show, la musica proposta dai norvegesi e infine la location (che si conferma, ancora una volta, come una delle realtà più attive e gettonate dei circuiti rock del Belpaese).
Un gruppo questo che ,come ricordavo tra le prime righe, muove i suoi passi nell’ indifferenza generale. Credo che ,in ogni caso, sia un rassicurazione per tutti gli amanti del Rock, sapere che i MOTORPSYCHO sono ancora lì e portano avanti imperterriti quella misconosciuta rivoluzione che, cominciata 17 anni fa nell’ algida Norvegia, ha fatto tappa anche a Rimini.
[Tommy Gun]
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Recensioni dei protagonisti del concerto:
LIVE REPORTS
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