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Spazio 211Torino15/02/2006
Questa sera, sul palco dello Spazio211, abbiamo due tra le più importanti formazioni del post-hardcore mondiale. I Pelican, con la loro musicale strumentale, capaci di unire con grande efficacia Mogwai, Neurosis e Melvins, sono autori di due dei più interessanti album degli ultimi anni: l'esordio "Australasia" e il recente "The Fire In Our Throats Wil Beckon The Thaw". I Cave In, con fasi di qualità alterna, hanno plasmato la materia hardcore come nessun altro, sperimentando sulla propria pelle le più disparate ispirazioni.
Ecco perchè in questo mini tour italiano di tre date era importante esserci. Tastare la resa live di una band ancora giovane come i Pelican ma soprattutto renderci conto dello stato di salute dei Cave In dopo il periodo di black out della breve fase major.
All'entrata nel locale ci si complimenta ai torinesi per la grande capacità di trovare un palco per ogni tipo di gruppo. Purtroppo il pubblico non è quello delle grandi occasioni (onestamente ho suonato per molta più gente) ma, come si dice in questi casi, "pochi ma buoni".
I Pelican deliziano i presenti con una quarantina di minuti, divisi in cinque brani. Quello che colpisce è il suono della batteria: potente e ben sopra come volume rispetto ai propri compagni. Onestamente speravo di trovarmi di fronte una band molto più precisa (sia a livello tecnico che sonoro) ma i pochi errori sono solo piccoli particolari che non vanno a rovinare una prestazione comunque convincente. Su tutti (forse grazie al suono che usciva dall'impianto) si è fatto notare il batterista preciso, fantasioso e potente.
Dopo il set un po' di gente abbandonerà il locale perdendosi quindi l'ottima prestazione dei Cave In. Che la band di Stephen Brodsky viva da sempre in un limbo che non convince nè i puristi della violenza per via di un retrogusto "romantico inglese" nè i "normali alternativi" (non è un ossimoro) che non apprezzano le virate hardcore, intuibile dal fallimento su major, lo capiamo bene questa sera. Pochi si godono appieno la performance dei Cave In che, anche davanti ad una cinquantine di persone, daranno tutto quello che possono, compreso un sorprendente ripescaggio da "Until Your Heart Stops".
Alla batteria troviamo l'indomabile Ben Koller dei Converge, Stephen Brodsky si presenta con maglietta degli Anthrax mentre il chitarrista Adam McGrath con quella dei Faith No More. Il set è incentrato sullo splendido "Perfect Pitch Black", forse l'album più riuscito e completo della band. I riff di "The World Is In Our Way" e "Off To Ruin" riecheggiano ancora potenti nel locale. Purtroppo l'acustica non sarà sempre delle migliori (nelle prime file era impossibile non distruggersi i timpani) e contribuirà a farci perdere il chitarrismo sognante e arabeggiante di Adam. In compenso la band si prodigherà in una prestazione "in your face" sparando con grinta e divertimento tutta la scaletta.
Rispetto ai Pelican, il concerto è molto più frenetico e confusionario ma è impossibile non captare l'eccitazione e l'urgenza uscire dagli strumenti di Brodsky e soci. Ed è per questo che i Cave In riusciranno a trasmetterci qualcosa di molto forte che difficilmente dimenticheremo in fretta.
[Dale P.]
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Recensioni dei protagonisti del concerto:
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