Ci sarebbe da fare un articolo a parte sulle band inglesi che parlano invece di cantare. Kae Tempest (ex Kate), Sleaford Mods e Dry Cleaning sono la punta di diamante di un universo sfacettato e in perenne mutazione, dove basi più o meno minimali, più o meno noise, fanno da sottofondo a invettive contro qualcuno o contro se stessi.
Yard Act sono i nuovi arrivati e vogliono prendersi il 2022. La stampa, online e non, è d'accordo: i singoli ci sono, il carattere pure. Il frontman James Smith è un bel personaggio che macina bene il flow e cita l'hiphop come influenza principale e non i Fall (uh che ribelle).
Il gruppo lo segue con basi punk-funk piuttosto snelle, decisamente sculettanti, che faranno la gioia dei dancefloor rock (non so se esistono sempre ma sarebbe l'ora di ritirarli fuori). C'è il miracolo in questo "The Overload"? Per il mio gusto no. La band è agile, ha tiro e becca almeno un paio di ottime canzoni. Ma manca la sorpresa, la schizofrenia, la stravaganza che hanno, chessò, gli Shame. O che avevano la band punk-funk dei primi anni 2000. Se nel 2021 il post-punk aveva dimostrato che poteva avere sia i singoli che la stranezza con gli Yard Acts siamo di fronte ad un buon gruppo fin troppo convenzionale. Meglio dei Franz Ferdinand ma meno dei Rapture.
Quanto mancherà al ritorno del rap nel metal?
[Dale P.]
Canzoni significative: Payday, Dead Horse.
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