Sette anni separano "Gigaton" dall'ultimo lavoro della band di Seattle "Lightning Bolt". Diciotto dall'ultimo disco convincente dall'inizio alla fine ovvero "Riot Act". Ventidue dall'ultimo capolavoro, "Yield". Dal punto di vista musicale "Gigaton" si mette un po' a cavallo di questi tre lavori: c'è il rock roccioso, la ballata struggente, la sperimentazione e, finalmente, la qualità. Viene abbandonato quell'insopportabile rockettino che ricordava i pezzi brutti degli X suonati convinti di essere gli Who. Non me ne vogliano i fan della band più giovani ma i veri Pearl Jam quei pezzi non li avrebbero inseriti neanche come B-side di un singolo natalizio. A tal proposito andate ad ascoltarvi "Lost Dogs", la raccolta degli "scarti" che mette a nanna gli ultimi tre dischi.
"Gigaton" è stato composto, registrato e assemblato in un paio di anni, non come band unita ma nei ritagli di tempo di ciascun membro e messo insieme dal giovane produttore Josh Evans che fra taglia e cuci ha cercato di tirare fuori il meglio dalle saltuarie registrazioni. E c'è riuscito: i dodici pezzi del disco sono tutti convincenti. Non presentano cadute di stile, scelte facili, scivoloni e autocitazioni. Eddie è in discreta forma (benchè non sia più il ghepardo di una volta) regala parecchi brividi nelle ballate ma soprattutto ottime performance nei brani più rock. Forse perchè la maggior parte dei brani porta la sua firma. Dispiace che ormai la premiata ditta Gossard-Ament non lavori più assieme (che spreco) ma entrambi propongono una manciata di interessantissimi brani. Ament addirittura il migliore del disco: la rumorosa e groove "Quick Escape", scelta come terzo singolo. In "Alright" presenta un arrangiamento più scarno e ritmico di ispirazione "elettronica" e un refrain che rimanda a "Binaural" e ai lavori solista di Eddie. Gossard invece propone la delicata "Buckle Up", mostrando di essere un songwriter di alta classe, benchè un po' pigro. Quanto sogno un intero disco dei Pearl Jam scritto da lui! Poi c'è Matt Cameron, batterista sorprendente ma criticato per aver messo il freno a mano alla band. In "Gigaton" scrive "Take The Long Way" che a parte un ritornello un po' facilone ha un bel riff e addirittura una pennata bella grassa: chissà come l'avrebbe interpretata Chris Cornell! "Take The Long Way" si piazza a cavallo tra i Soundgarden più punk e i Wellwater Conspiracy.
Come ben sappiamo questo disco è nato anche come risposta al suicidio di Chris Cornell (sigh): la struggente "Comes Then Goes" è una "Seasons" (ricordate? Uno dei primi pezzi solista di Cornell, presente nella colonna sonora di Singles) alla Eddie Vedder. Chiudete gli occhi e ascoltate bene: si può quasi sentire l'eco di Chris in sottofondo, la voglia di averlo lì affianco, di sentirne gli acuti, di ricevere un sorriso e una pacca sulla spalla.
E poi c'è McCready, l'autore più classico, formidabile negli assoli ma un po' più zoppicante nel songwriting. In "Retrograde" ci mette lo zampino Eddie con una prestazione super, forse la migliore del disco, consegnando una canzone che saprà commuovere il pubblico durante i concerti.
Prima di analizzare i brani di Eddie passiamo a quelli comunitari: il singolo "Dance Of Clairvoyants" e "Seven O'Clock". Il primo è stato dato in pasto per presentare il disco e come tradizione non ne rappresenta per niente l'umore interno: è un esperimento, un funk rock sullo stile new wave di Talking Heads e il David Bowie di "Let's Dance". La band ha giocato con i suoni e con il songwriting e l'esperimento non è niente male, per quanto un po' fuori contesto; c'è qualche guizzo di Eddie che ricorda i vecchissimi tempi, come se fossimo in VS. E ricordiamo che in VS c'era roba tipo W.M.A. e Rats, quindi ce la facciamo andare bene. "Seven O'Clock" è stata costruita dal produttore a collage ma si vede uno sforzo collettivo nel dare epicità ad un brano che si guadagna il diritto di entrare tra i classici della band grazie ad uno sviluppo emozionante.
Eddie Vedder ha il compito di portare il rock in un disco altrimenti un po' chiuso su se stesso. L'eterno ragazzo è uno dei più grandi fan del genere e uno dei migliori interpreti in circolazione ma negli ultimi tre dischi si era posato su scelte vocali discutibili. In "Gigaton" riporta lo scettro a casa. "Who Ever Said" ricorda brani di "Binaural" come "Grievence","Breakerfall" e "Insignificance"; "Superblood Wolfmoon" sembra dire "scusate per World Wide Suicide, questa la faccio meglio"; "Never Destination" mostra, se mai ce ne fosse bisogno, l'amore di Vedder per le pennate di Townsend e la voce di Daltrey; di "Come Then Goes" ho già parlato. Rimane la finale "River Cross" che ha il compito di chiudere il disco con una grande prestazione di Eddie e la band in secondo piano. Metà disco è di Eddie e l'applauso se lo guadagna appieno.
"Gigaton" è un bel disco anche se, ovviamente, dividerà i fan del gruppo. Ha bisogno di tanti ascolti per essere amato ma è una prova, neanche tanto faticosa, che dona soddisfazioni. Bentornati Pearl Jam? Bentornati!
[Dale P.]
Canzoni significative: Quick Escape, Comes Then Goes, Seven O'Clock.
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