"Are you ready for the storm?" declama Joe Talbot con un vocione da Mark Lanegan all'inizio di "Crawler". "Can I get a hallelujah?" si domanda mentre la band lancia bordoni di chitarre ribassate in "The Wheel". Nel quarto disco degli Idles ci sono meno risposte e più domande e questo è un bene. La sicumera di Ultra Mono è stata abbandonata in favore di un tormento più umano. E a guadagnarne è anche la musica: mai così ben prodotta e studiata, merito del lavoro dietro alla console del Real World Studios ad opera di Kenny Beats (FKA Twigs, Denzel Curry, GhosteMane, Vince Staples) in collaborazione con il chitarrista Mark Bowen.
"Crawler" ha varie anime, ma poche ricordano dischi come "Brutalism" e "Joy". C'è sicuramente un'anima più cupa e dark (a tratti sembra di aver messo su un disco dei Fontaines D.C.: ascoltate "When The Lights Come On"); addirittura la divagazione soul-noise di "The Beachland Ballroom" con Joe che declama sudato "I'm not praying, baby, I'm not begging, darling..." sembra più vicino a Charles Bradley che a David Yow. "Meds" con il suo basso dritto e distorto in primo piano farà da supporto per i consueti svarioni psichedelici dal vivo. "Wizz" è una scheggia hardcore di trenta secondi. Ma nei 46 minuti del disco c'è tanta fantasia usata per scrivere ottime canzoni e per dire cose interessanti.
Per quanto mi riguarda gli Idles sono una delle band più importanti di questi anni sia per la proposta messa sul piatto sia per la capacità di proporre al pubblico qualcosa di dinamico e sorprendente, senza viziarlo con brani banali e ripetitivi. Mi ricordano la prima fase di carriera dei Pearl Jam in cui ogni disco era una sorpresa da sviscerare per mesi e mesi. Per certi versi questo è il loro Vitalogy.
[Dale P.]
Canzoni significative: Sciorpion's Sting, Coil.
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